Juve, CR7 non può avere più fame degli altri

© Getty Images

La lezione di Lione è dura per chi deve ancora dimostrare di essere un top player e meritare la Juve di Ronaldo

TORINO - Nulla è perduto, tranne, un po', la faccia. La sconfitta della Juventus a Lione non compromette la qualificazione dei bianconeri, ma mette brutalmente al muro i giocatori. Al netto di qualsiasi elucubrazione tattica, mercoledì sera ha sconcertato la mollezza morale e atletica di una squadra, che era chiamata a disputare una delle tre partite più importanti di questo scorcio di stagione (Inter e ritorno con il Lione le altre due). Si può discutere allo sfinimento di quale sia la giusta altezza alla quale aggredire l'avversario, degli inserimenti delle mezzali, dei ruoli assegnati e riassegnati, ma i giocatori della Juventus, a Lione, andavano più piano degli altri, sbagliavano passaggi banali, erano quasi sempre troppo cedevoli negli uno contro uno, che avrebbero necessitato di ben altra consistenza agonistica. Prima di parlare di pensieri, parole, opere e omissioni di Maurizio Sarri, è necessario soffermarsi sui singoli giocatori per capire qual è il problema della squadra e intuirne l'eventuale via d'uscita.

Ciò che è inspiegabile dell'approccio di Lione, infatti, sta proprio nello spirito dei singoli, alcuni dei quali stanno giocandosi lo status di calciatori da Juventus, cioè da grandissima squadra. Uomini che, nei momenti cruciali, possono anche perdere le partite, ma con un piglio assai meno svagato. Pjanic, Rabiot, Bentancur, Dybala, Alex Sandro, Danilo, Cuadrado sono tutti eccellenti giocatori, ma nessuno di loro, per ragioni differenti, ha la patente di top player, ovvero quel documento che certifica la capacità di essere all'altezza dei primi quattro o cinque club europei, di incidere nelle partite fondamentali, di non sbagliare le fasi decisive delle stagioni. Semplificando: se uno come Cristiano Ronaldo non deve dimostrare nulla, a questi rimane ancora qualche gradino da salire. E mercoledì sera si è assistito al paradosso in cui l'uomo che aveva vinto cinque Champions e cinque Palloni d'Oro aveva più fame di chi ambisce a vincere la sua prima coppa. Fermo restando l'inalienabile diritto di perdere, soprattutto in Europa, dove in questo turno sono inciampate tante favorite, c'è modo e modo di farlo. Lo stesso Bonucci ha esercitato il suo ruolo di leader con fatti del tutto incoerenti alle parole pronunciate con pentimento nel post partita.

Ci sarà modo e tempo per giudicare il piano tattico di Sarri, pesandone l'applicabilità a questa squadra e a questo ambiente: se i soldati disertano non si può valutare la strategie del generale. Semmai la sua capacità di farsi seguire, visto che lo stesso tecnico parla di difficoltà nel trasmettere alcuni concetti fondamentali, come la velocità nel far girare il pallone. O c'è un problema di didattica (in quel caso è Sarri a dover apporre opportuni correttivi) oppure manca la disponibilità della squadra ad ascoltare e, in quel caso, è la società che deve intervenire severamente. Va detto che non si osserva nessuno dei classici sintomi di una fronda, che di solito si segnala con un mugugnante sussurrare da parte dei giocatori, sempre perfettamente udibile se sintonizzati sul canale giusto, ma ora completamente assente. Sì, potremmo essere di fronte a una sedizione anomala, una specie di sciopero bianco e silenzioso contro l'allenatore, ma sinceramente è un'ipotesi piuttosto eccentrica.

Attenzione, però. Qualunque disfunzione inceppi la trasmissione degli ordini dal tecnico alla squadra, resta il primo e fondamentale problema: se i giocatori non aumentano impegno, concentrazione e agonismo, la Juventus si scosterà poco dalla sua versione abulica e inconcludente del primo tempo di Lione e rischierà perfino di non passare ai quarti. Se la rimonta sull'Atletico dal 2-0 del Wanda Metropolitano di un anno fa, sembra oggi un'impresa ben più ardua del ribaltare l'1-0 di Lione, visto lo scarto più esiguo e l'inferiore consistenza tecnica dell'avversario, bisogna tenere ben presente che senza quello spirito e quell'unità di intenti, anche battere di due gol i briosi francesi può diventare un Everest. E non sarebbe solo Sarri a ritrovarsi sul suo conto finale l'eventuale fallimento, ma anche chi, nella rosa, sta giocandosi la Juventus e il proprio futuro: che può essere da top player o solamente da ottimo giocatore.

Articoli correlati

Dalla home

Vai alla home

Commenti