Benatia esclusivo: "Juve, Pjanic vuole restare. Mandzukic? Sempre No good"

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L'ex difensore bianconero, grande amico di Mire: "Quando lasci la Juve ti rendi conto di quanto sia grande e ti manchi sempre. Con Mario ne parliamo spesso, gli manca lo Stadium e il calore dei tifosi"

Salve Medhi Benatia, lei è rimasto a Doha nonostante il campionato qatariota sia sospeso: com’è la situazione lì?
«Si può uscire per la spesa e per correre mezz’ora al giorno. Ci sono restrizioni meno rigide che in Italia, prese appena si sono contati i primi 40 casi, per evitare il diffondersi del contagio come è accaduto in Europa. Però la scuola, i bar e i ristoranti sono tutti chiusi. Il club ci ha chiesto di restare, in attesa della ripresa, per evitare la quarantena al rientro».

Quali voci le arrivano dall’Italia?
«Sono disperato davanti alla tv nel vedere le immagini dall’Italia, che per me resta una seconda casa, e dalla Francia, dove vivono i miei genitori e le mie sorelle. Sono preoccupato: è una crisi sanitaria mai vista prima. Si è chiuso il mondo e, per gente come noi senza più partite, è come smettere di vivere: non ci si rendeva conto di quanto fossimo fortunati».

Ha sentito qualcuno in Italia?
«Ho parlato con Guidolin, con Landucci, il vice di Allegri, con Fabris, il team manager della Juve. Ho cercato di capire che cosa stesse succedendo: mi descrivono una situazione molto difficile, in cui manca il lavoro e la gente non ha soldi per mangiare. Mi fa male, è assurdo: noi cerchiamo di aiutare da lontano».

Ha supportato sui social Dybala, positivo al Coronavirus, con tanto di foto di suo figlio con la maglia della Joya.
«Ho sentito sia lui, sia Rugani, sia Blaise (Matuidi, ndr), tutti contagiati: sono come fratelli perché insieme abbiamo vinto tante battaglie. Li seguo, loro lo sanno. Sarò per sempre legato alla Juve, un grande club che sa creare questo clima familiare. Mi hanno detto che stanno meglio, ma ho avuto paura per loro: quando il virus colpisce una persona a cui sei legato ti fa più impressione. Dybala è sereno: lo ammiro tanto, e non parlo del calciatore che è un top player, ma del ragazzo, educato e sempre propositivo».

 

Lo sa che Matuidi è risultato ancora positivo e deve continuare la quarantena?
«Sì, l’ho saputo e non capisco come sia possibile: mi ha detto che non sta male».

Domani (oggi, ndr) è invece il compleanno di Pjanic, il 17 di questo mese sarà lei a festeggiare gli anni: quale regalo vi farete?
«Non lo so, adesso siamo un po’ lontani... Gli farò un bellissimo messaggio, come ogni anno: Mire è uno tra i più grandi amici che ho al mondo e nel calcio. Abbiamo compiuto un percorso comune alla Roma e poi alla Juve: l’ho visto crescere, quando è arrivato in giallorosso era giovane, già forte ma gli mancava ancora qualcosa per avere continuità. Alla Juve è maturato e ha fatto il salto definitivo: ha cambiato il modo di giocare, è diventato più cattivo, meno bello ma più utile. Io glielo dico sempre: quando tu stai bene, la squadra gioca bene...».

Come sta vivendo questa stagione: Sarri lo aveva messo al centro del suo progetto, ma nell’ultimo periodo Pjanic è stato criticato per un rendimento al di sotto delle aspettative, tanto che il tecnico gli ha preferito Bentancur contro l’Inter.
«Prima dell’Inter Mira sentiva di non essere al massimo, ma vogliamo vedere quante partite ha disputato? E’ tra i bianconeri con più presenze, non si tira mai indietro. Si è anche adattato a un nuovo modulo tattico, visto che con Sarri la Juve ha giocato spesso col trequartista dietro alle due punte. E ha dovuto correre tanto, come Matuidi: entrambi mi hanno confessato che erano davvero affaticati. Così è dura per tutti: meno possesso palla e più corsa. E alla fine si è infortunato agli adduttori. Capisco che Sarri voglia che giochi più la palla, però deve stare bene fisicamente affinché la squadra giri. Mire è sempre in grado di trovarti una soluzione quando c’è il pressing degli avversari: ha più qualità degli altri. Bentancur ha un futuro roseo davanti a sé e diventerà uno dei più forti, ma in questo momento è ancora un gradino sotto. Pjanic fa anche autocritica: non s’arrabbia quando esce se sa di non giocare bene, cerca di recuperare per dare il suo contributo. E’ lui il primo a prendersela con se stesso: alla fine di una partita l’ho chiamato e gli ho fatto i complimenti, lui era nervoso e mi ha detto di aver giocato male perché aveva perso due palloni pericolosi. Talvolta però bisogna prendersi dei rischi per far girare le squadre. Questo stop gli farà bene per tornere il più forte in Italia e tra i migliori al mondo».

Se lo immagina a settembre con un’altra maglia?
«No, ha ancora tre anni di contratto e alla Juve sta bene. E’ vero che a ogni mercato ha la possibilità di andare via: c’è il Psg interessato a lui, prima ancora lo ha cercato il Real ma, alla fine, lui ha prolungato con il club bianconero. Ha prevalso il suo amore per la Juve, dove sente la fiducia: nello spogliatoio è uno dei senatori, sa farsi ascoltare e rispettare. Poi, lo sappiamo, le situazioni possono cambiare, il club può decidere di cederlo. Ma se dipende dal giocatore, resta a Torino: a me non ha mai detto di voler cambiare aria, anzi. Con la Juve ha cambiato mentalità: adesso gioca per vincere, sempre».

De Ligt e Demiral saranno invece la futura coppia di centrali della Juve?
«Sì. De Ligt ha tutto per stare dieci anni alla Juve: è uno dei più forti in circolazione e, da quando è a Torino, è ancora cresciuto allenandosi con tanti campioni. Però mi piace molto anche Demiral: mi ha impressionato fin dalla sua prima uscita, nell’amichevole estiva contro l’Inter, confermandomi le parole di un mio amico del Sassuolo. Ne ho parlato anche con Pjanic: gli ho detto che avrebbe giocato, anche se Mire era un po’ più scettico. Demiral sa essere aggressivo, mettere il fiato sul collo agli attaccanti, cercando sempre l’anticipo. Peccato per l’infortunio».

Ci dica un po’ di Mandzukic: anche in Qatar è “mister no good” oppure sorride più spesso?
«E’ sempre uguale, non si smentisce. Prima che arrivasse mi hanno chiesto di lui, “vedrete - ho risposto io - non è uno che sorride molto, ma sul campo ti puoi fidare perché dà il 200 per cento in ogni allenamento e in ogni partita, è un guerriero”. Loro però volevano sapere com’era come persona, è stato difficile spiegargli la sua particolarità. E’ un orso, ma buono, che difende la sua vita privata a tal punto che ai compagni, quando qualcuno gli ha chiesto che cosa facesse dopo gli allenamenti, ha risposto che non erano fatti loro. Qui si è inserito bene, certo gli manca il calore e gli applausi dei tifosi, sentire lo Juventus Stadium intero che scandisce il suo nome perché a Torino era molto amato. Ne parliamo spesso: in Qatar devi trovare motivazioni diverse quando scendi in campo e vedi gli spalti semivuoti».

A lei, invece, che cosa le manca dell’Italia?
«Tante cose. Sicuramente gli stadi da 80 mila persone: quando ci sei dentro non ne capisci l’importanza. Ora che non ce l’hai più, ne senti la mancanza. Lo dico sempre a Pjanic e Matuidi: godetevelo fin che potete. Poi il calcio top: la Champions League, l’atmosfera che si vive quando dall’hotel vai allo stadio. Infine l’adrenalina: quante volte mio figlio al mattino si collega su Youtube e mi fa vedere la doppietta che ho segnato nella finale di Coppa Italia contro il Milan a Roma. E mi chiede: “papà, quando torniamo in Italia?”».

Benatia, allora quando torna in Italia?
«In vacanza o a giocare? (Ride) Non lo so, però mai dire mai. In Italia sono stato bene e non è detto che non possa ritornare...»

Il primo gol di Benatia con la maglia della Juventus

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