Juve: la ricostruzione di Dybala deve partire da rabbia, sacrificio e ambizione

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Care amiche e cari amici di Tuttosport,

Forse, prima di sostenere (mi includo fra quelli che lo fanno) che Paulo Dybala sta cercando se stesso, bisognerebbe sapere con esattezza chi è Paulo Dybala. Alzi la mano chi può affermarlo con esattezza, perché ultimamente i contorni del campione argentino sono diventati sfuggenti, a partire dal ruolo, che per quelli come lui è sempre un po' problematico - vero - ma l'ultimo anno di Allegri e la stagione di Sarri hanno confuso ulteriormente le idee. Dybala stesso, lasciato libero di muoversi dove vuole, tende a farsi trasportare dalla corrente della partita, trovandosi spesso troppo basso e comunque mai nella stessa posizione per due partite di seguito. Tuttavia, al di là della questione meramente tattica, la domanda chiave è: Dybala è un fuoriclasse sulle cui capacità (di inventare, di segnare, di trascinare) la squadra può fare affidamento, aggrappandosi a lui nei momenti difficili? Oppure è un giocatore in grado di produrre lampi accecanti di classe, ma anche di spegnersi senza preavviso e, comunque, sempre bisognoso di aiuto e supporto della squadra per avere le condizioni ideali di esprimersi? Perché solo un pazzo può discutere il talento di Dybala, ma avendo compiuto 27 anni la scorsa settimana, il numero dieci della Juventus deve decidere cosa vuol fare da grande.

Pirlo non è tenero con lui. Non lo è mai stato neppure nella breve parentesi da commentatore televisivo. Ma Pirlo può essere la sua salvezza, perché è in grado di ricostruirlo partendo da quello che è mancato a Dybala negli ultimi due anni e mezzo: spirito di sacrificio, rabbia e ambizione. Non è il ruolo il problema, né la distanza dalla porta o il compagno con cui fare coppia, ma la voglia di fare più fatica degli altri in allenamento, l'agonismo disperato dei vincenti, la smania di essere il migliore. A Dybala mancano (o non ne ha a sufficienza) questi tre elementi. Intendiamoci non è che si alleni male o poco, ma proprio il suo talento dovrebbe imporgli maggiori responsabilità verso se stesso e verso la squadra. Quando Pirlo afferma che «deve andare oltre la sua soglia anche durante gli allenamenti per trovare la forma migliore» sembra il professore che dice: «è intelligente, ma non si applica». A sette milioni e mezzo a stagione, anche no. Oltretutto avendo di fianco un tizio che, a 35 anni e cinque Palloni d'Oro, si sfianca quotidianamente per vincere il sesto e timbra il cartellino con implacabile cinismo, si trovi davanti lo Spezia o lo United.

Dicono che Dybala abbia sofferto o soffra la concorrenza con Ronaldo. No, il problema è proprio che non la soffre. Dovrebbe essere stimolato e pungolato, dovrebbe covare rivalsa nei confronti di chi gli ruba costantemente il palcoscenico e trasformarla in rabbia agonistica e perfezionismo. E certamente non farsi dire dal suo allenatore che «serve maggiore intensità». Servono sacrifici e motivazione per affrontarli e, no, non può essere solo economica, ma qualcosa che brucia dentro e distingue i campioni assoluti dagli ottimi professionisti. E Dybala può ancora entrare nella prima categoria.

Quindi, andiamoci piano con i processi a Dybala, soprattutto con le condanne definitive. Non ha ancora azzeccato una partita ed è giusto sottolinearlo, ma convive con problemi fisici che non possono essere ignorati, la stagione è ancora lunga e la Juventus avrà bisogno dei suoi gol. Tuttavia deve iniziare la ricostruzione di se stesso subito, approfittando di un allenatore che probabilmente non lo coccolerà mai, ma potrebbe essere il più importante della sua carriera se riuscirà a fargli compiere quel salto di qualità caratteriale.  Hanno ammazzato Paulo, Paulo è vivo.

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