Il pianoforte di Cairo

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Il 2 settembre si compiranno i primi quattordici anni della presidenza di Urbano Cairo. Per una curiosa e significativa coincidenza, quel giorno, alle ore 20, si chiuderà il mercato. La sconfitta con il Wolverhampton è stata tanto dolorosa quanto meritata e ha lasciato il segno fra i tifosi. Il campo non ha mentito: per qualità del gioco e degli interpreti, la settima classificata dell’ultima Premier League è stata superiore alla settima classificata dell’ultima Serie A. E se non fosse stato per la straordinaria determinazione di Andrea Belotti, più che mai degno interprete dello spirito granata, i Lupi avrebbero sbranato il Toro. Il Capitano ha tenuto viva la speranza. Il 29 agosto, nello splendido stadio dedicato a Benjamin Molineux, la squadra di Mazzarri sarà chiamata a un’impresa modello San Mames, per intenderci, anche se il 26 febbraio 2015, contro l’Athletic Bilbao, il Toro partiva dal 2-2 dell’andata e non da un 2-3. Oggi, però, in cima ai pensieri dei tifosi non c’è ancora il secondo atto con gli angloportoghesi. C’è la preoccupazione per l’immobilismo sul mercato in entrata e per le parole pronunciate da Cairo prima, ma, soprattutto, dopo la sconfitta con i Wolves. Marco Bonetto le riporta qui accanto.

Ci sono tre passaggi da cerchiare in rosso: «Mazzarri ha già un bel pianoforte con tanti tasti, può scegliere quali suonare». «Un rinforzo di qualità a luglio non c’era, non era disponibile». «Alla luce del risultato di giovedì faremo tutte le considerazioni possibili. Se rimarranno tutti? Vediamo, vediamo. Io voglio tenere tutti i migliori, lo ripeto, ma dovremo anche avere giocatori felici di restare». Qui sta il punto. Se è vero che Mazzarri ha un bel pianoforte perché ha conservato i tasti a nome Belotti, Izzo, Nkoulou, Sirigu, Rincon, Ansaldi, è altrettanto vero che la musica suonata giovedì sera dal Toro era stonata. E che il pianoforte granata debba essere accordato. Tuttosport ha apprezzato la scelta di Cairo di confermare in blocco la squadra dei 63 punti: una mossa giusta e felice. Ma, proprio per questo e indipendentemente dal verdetto del 29 agosto, il Toro deve aiutare Mazzarri a suonare la sua musica, prendendogli almeno due interpreti di alta qualità e non vendendo nessuno. A cominciare da Nkoulou e da Izzo, che tanto piacciono a Petrachi. Mazzarri è un instancabile lavoratore, ma non è Sisifo, condannato in eterno dagli dei a spingere in vetta a una collina un masso che, inesorabilmente, ricade appena raggiunta la cima. In cima, il Toro vorrebbe tanto arrivare. Per non rotolare più giù.

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