Paolo Pulici: «Campioni con Tuttosport»

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«Nello spogliatoio era il nostro giornale per eccellenza: gli articoli sul Toro ci caricavano»

«La prima volta che uscì il mio nome su Tuttosport?».

Sì, Pulici. La prima volta. Ma con un risalto speciale.

«Beh, 52 anni fa, alla fine della mia prima stagione con il Torino, ‘67-’68. Con la Primavera vincemmo il campionato battendo in uno spareggio finale l’Inter a Salsomaggiore. Uno a zero con un mio gol nei supplementari. Tuttosport parlò di questo trionfo e di me in un modo straordinario, davvero da brividi. Avevo 17, 18 anni. Dovevo ancora capire che cosa significasse per davvero finire su un giornale così importante. Ricordo l’emozione che provai. Gigantesca. Un onore pazzesco per me quel giorno: io su Tuttosport, un giornale così glorioso».

Chissà anche l’orgoglio della sua famiglia... E poi negli anni a seguire, quando lei cominciò a giocare titolare in prima squadra.

«La famiglia, gli amici del paese... Che mi chiamavano per dirmi che avevano letto un articolo speciale su di me sul giornale... Erano emozionati anche loro... Non c’erano i telefonini, non c’era Internet, negli Anni 70 c’erano solo 2 o 3 canali tv sulla Rai... I giornali avevano ancora più importanza di oggi. Finire sul giornale all’epoca, su un quotidiano nazionale così letto in tutta Italia, era un onore incredibile. Mi chiamavano gli amici di Roncello per ringraziarmi, perché avevo nominato il nostro paese nelle interviste... Tutti orgogliosi e felici. Diventavano matti, ero l’eroe del paese, di Roncello: solo 800 anime, all’epoca. Facevo diventare... famosi anche loro».

La prima intervista importante su Tuttosport?

«Dopo l’esordio in A contro il Cagliari di Gigi Riva, stagione 1968-’69. I giornalisti di Tuttosport che seguivano il Toro erano molto noti nell’ambiente, importanti. Loro, così come i colleghi che scrivevano di altro. Per giovani calciatori come me era solo un onore essere intervistato da loro. Venivano al Fila, ti prendevano sotto braccio. Se facevi una confidenza, ti potevi fidare. Erano tutti professionisti di alto livello. Si creava nel tempo un rapporto quasi familiare con tanti di loro. Spiegavi, li aiutavi a scrivere, loro ti capivano sempre meglio e diffondevano un’informazione giusta. Oppure ti telefonavano a casa, tante volte. Era gratificante per tutti un rapporto così. Impossibile al giorno d’oggi, viste le strategie e i comportamenti dei club e dei giocatori. E’ tutto così asettico, oggi. Imparagonabile. Era un altro mondo, un altro giornalismo, un altro calcio. E se qualche giornalista sbagliava a scrivere, il giorno dopo lo affrontavi da uomo, parlandogli in faccia nel cortile del Filadelfia: e ci si chiariva. Io comunque non ricordo problemi con i giornalisti di Tuttosport».

Un nome su tutti, a rappresentare tutta la nostra famiglia, in 75 anni.

«Roberto Genesio, un uomo meraviglioso. Indimenticabile: pace all’anima sua. Era diventato negli anni un amico del cuore, non era solo un ottimo giornalista di Tuttosport. Nacque tra noi un’amicizia fortissima, vera, trasparente, bellissima, meravigliosa sotto tutti i punti di vista. Tanto che l’amicizia si allargò poi anche alle rispettive famiglie: mia moglie, mia figlia, sua moglie Irene e le loro figlie Elisa ed Enrica. Roberto non c’è più da tanti anni, ma l’amicizia tra le nostre famiglie continua a vivere con profondo affetto. Anche oggi».

Lo scudetto del 1976: il lungo duello tra il suo Toro e la Juve. Tuttosport come si... comportò?

«All’epoca la città di Torino era granata all’80 per cento. I tifosi della Juve erano in giro per l’Italia, erano di più, ma Torino era clamorosamente e nettamente granata. Altri tempi, sì. E il giorno dopo che vincemmo lo scudetto vedere su Tuttosport una prima pagina in cui si accomunava il nostro trionfo con il ricordo del Grande Torino, con quel titolo “Lassù qualcuno ti ama”, fu semplicemente grandioso e commovente per noi giocatori. Quanto all’annata, noi e la Juve eravamo sempre in prima pagina: Tuttosport ci aiutò nel nostro cammino con un’informazione sempre corretta ed equilibrata, obiettiva. Le tante penne granata del giornale, comunque, si riconoscevano bene, negli articoli. Mese dopo mese, tutti quei titoli in prima pagina su di noi del Toro e gli articoli all’interno del giornale ci caricavano, ci davano una forza in più. Ci facevano sentire ancora più importanti. Quell’anno fu tutto molto bello, dall’inizio alla fine: al fianco di Tuttosport, non solo dei tifosi granata».

Aveva l’abitudine di conservare i giornali più importanti? Le pagine più belle dedicate a lei?

«Sì, e a casa le ho ancora. Le pagine più importanti della mia lunga carriera: certi articoli non potevi dimenticarli, ritagliavi la pagina e la conservavi con cura».

Il nome di Casalbore, il nostro fondatore scomparso a Superga.

«Un nome glorioso che noi accostavamo ai Campioni del Grande Torino. Si sentiva un legame fortissimo tra il vostro giornale e il mito di quella squadra. Nello spogliatoio il primo giornale che leggevi tutti i giorni era Tuttosport: con stima e rispetto. Era autorevole».

E dopo? A carriera finita? Fino a oggi, intendiamo dire.

«Tuttosport mi ha sempre trattato benissimo. Oggi come ieri. Come sempre. Tuttosport ancor oggi dimostra di volere bene al Toro, alla sua storia, a ciò che rappresenta e ai tifosi. Non solo a Pulici, cioè. Nelle pagine dedicate al Toro colgo un amore pazzesco e grande rispetto per i colori granata. Bravi. E’ un piacere seguirvi. Professionalità e passione. E tanti auguri per l’anniversario»

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